Associazione Regionale per la Tutela della Salute Mentale – Registro Nazionale Abruzzo per le Organizzazioni del Volontariato Decr. n. 712/15-11-1996
Più risultati...
Il CAPITALE SOCIALE
da VACLAV BELOHRADSKY “Dispensa di sociologia”.
Un altro vocabolo importante del minivocabolario che stiamo costruendo è il concetto di capitale sociale. Indico con questo termine le reti di relazioni sociali che possono essere usate come risorse per realizzare vantaggi individuali o collettivi di ogni genere, a condizione che questi vantaggi siano: (i) effetti di una relazione sociale, (ii) non mediati dal mercato e che (iii) profitto economico non sia lo scopo primario di queste relazioni.
Il sociologo urbano americano Portes (1998) definisce il capitale sociale come «ability to secure benefits through membership in networks and other social structures», che può basarsi (i) sull’appartenenza ad un gruppo, o (ii) sugli scambi reciprocamente vantaggiosi e sulla consapevolezza collettiva dei vantaggi che derivano a tutti dalla collaborazione reciproca, o (iii) sull’efficienza delle garanzie formali – legali delle aspettative di cooperazione.
La banca mondiale ha promosso una serie di studi sulla correlazione tra lo sviluppo economico e il capitale sociale, da consultare sul sito www.worldbank.orgUTUUTT/poverty/scapital. Questa correlazione diventa evidente se consideriamo come il tratto più rilevante delle società post-industriali è il sovraffollamento, nel senso che il valore d’uso dei prodotti a nostra disposizione tende verso lo zero in assenza di un coordinamento sociale efficace del loro uso. L’esempio più evidente rimane l’uso delle automobili private nelle grandi città. Gli Amici della Terra hanno pubblicato un rapporto sui costi reali della mobilità basata sul primato dell’automobile: 17.400 morti ogni anno in Italia a causa delle emissioni stradali di polveri sottili (PM 10), 7.861 morti per incidenti stradali nel 1999, più di 27 miliardi di euro ogni anno i costi esterni degli incidenti stradali, 200 miliardi i costi della mobilità, 28 milligrammi di polveri sottili emessi per ogni chilometro percorso da un’auto (16 da un treno), 13.535 tonnellate/anno di polveri sottili vengono emesse nell’ambito urbano, di cui 12 e mezzo dal trasporto persone e merci. L’uso delle auto in città è un disvalore, produce perdite in termini di salute, di tempo e di qualità della vita. La mobilità individuale, incentrata sull’automobile, è insostenibile anche dal punto di vista economico, ma il passaggio ad una forma più razionale di mobilità richiederebbe un coordinamento sociale più efficace, per il quale manca il capitale sociale.
Il capitale sociale fa aumentare il valore d’uso dei prodotti in virtù del fatto che il loro uso/consumo viene coordinato con tutti gli altri. Il mercato non è uno strumento efficace del coordinamento sociale, produce un deficit di comunicazione che si traduce, in condizioni di sovraffollamento, in un deficit di razionalità economica.
Loredana Sciolla individua le seguenti tre dimensioni costitutive (2003, 262 – 263) del concetto di capitale sociale.
La prima dimensione è costituita dai legami o relazioni sociali che hanno una certa persistenza nel tempo e che gli individui possiedono o come fatto ereditato (come possono essere le relazioni familiari, parentali o di ceto) o come fatto acquisito nel corso dell’esperienza individuale (come le relazioni di amicizia o di conoscenza maturate all’interno di cerchie occupazionali, associative).
La seconda dimensione riguarda orientamenti e aspettative di tipo fiduciario, dove la fiducia è definibile come l’aspettativa di un attore sociale che altri compiranno un’azione benefica o non dannosa nei suoi confronti, formulata in condizioni di incertezza. In questo senso, la fiducia è un atteggiamento che consente di prendere decisioni che comportano dei rischi.
La terza dimensione è rappresentata dai valori morali diffusi in un dato ambiente sociale. Questi sono stati intesi o come «virtù civiche» o, come cultura politica civica – civicness, ossia come inclinazione e disposizione soggettiva a rispettare le regole sociali e a perseguire il bene pubblico. E’ questa dimensione soggettiva del capitale sociale che consente a Putnam (1993) di considerarlo una «risorsa morale».
Queste tre dimensioni (relazionale, fiduciaria, morale) risultano intimamente intrecciate seppur diversamente accentuate nelle definizioni del capitale sociale e delle sue funzioni.
Tra i diversi significati possibili del termine “capitale sociale” scelgo di preferire, nel nostro contesto, quello che lo definisce come il potenziale di cooperazione variamente distribuito in una società. Il capitale sociale è l’insieme di relazioni sociali e di aspettative di cooperazione reciproca dei cittadini che possono essere impiegate come risorse morali per conseguire vantaggi che derivano loro dall’uso più coordinato di altre risorse. Se tutti gli uomini in uno stadio si alzano sulla punta dei piedi per vedere meglio, nessuno di loro consegue un vantaggio individuale, anzi tutti stanno così in una posizione più scomoda di prima; se invece riescono a coordinarsi in qualche misura, stando ad esempio sulla punta dei piedi alternativamente, realizzano un vantaggio, seppur molto relativo in questo caso. Più semplicemente: Il capitale sociale è quella risorsa che ci permette di non stare inutilmente tutti insieme sulla punta dei piedi.
Per concludere ricordiamo il punto più importante: siccome la qualità della vita dipende oggi sopratutto dalla capacità dei cittadini di coordinare l’uso delle risorse di cui individualmente dispongono, il capitale sociale assume un ruolo centrale nel determinare il valore delle risorse in generale. La bassa qualità della vita nelle metropoli occidentali è una conseguenza delle rigidità strutturali – ad esempio dell’uso delle auto private per garantirsi la mobilità individuale – che non si riesce a superare mediante negoziazioni razionali a causa del deficit di capitale sociale.